Föch
di Alberto Salvi
con Pietro Bailo, Elena Borsato, Miriam Gotti,
Marco Robecchi, Alberto Salvi
arrangiamento canti Miriam Gotti, luci Pietro Bailo, costumi Roberta Valli, assistente alla regia Ilaria Pezzera
regia Alberto Salvi
produzione Araucaìma Teater, I Teatri del sacro 2009

Nei primi anni del ventesimo secolo la famiglia contadina era unità allargata, estesa. Comprendeva i discendenti di una stessa linea familiare, ma poteva altresì far convivere al suo interno diversi nuclei familiari. Nella società rurale, inserita in un sistema economico di tipo artigianale, prevalevano schemi di autorità patriarcale. Il governo degli affari era affidato ai più anziani. La realtà contadina si distingueva perché fondata su uno stato di fatto: l’affetto dei suoi componenti.
Grande nucleo rappresentativo di un sistema sociale autarchico, ma non solo, anche intreccio di relazioni, amori, intrighi, faide e vendette.
Luogo di importanza fondamentale, che assume significato sacro, era la stalla, dove, durante le lunghe sere d’inverno, si svolgeva la veglia.
Attraverso il recupero della lingua parlata, il dialetto, con storie, leggende e canzoni popolari tradizionali e la costruzione dei personaggi, secondo le dinamiche relazionali interne, si vuole raggiungere la rappresentazione di un affresco storico popolare dell’Italia del secolo scorso.

Note di regia

Quando hai paura, quando sei spaventato, quando ti sembra di avere solo male ulta n’dre i maneghe e và a laurà. Questo faceva ol Carmelì de la luce, mio nonno, e pure mio padre, ü brinat. Lo seguivo, il nonno, che saliva nella conigliera, percepivo la fatica, la tensione, i pensieri. Eppure c’era solo silenzio. Un pudore, oggi incomprensibile, non permetteva spiegazioni, delucidazioni, esplicitazioni. Poche, pochissime parole e tanto lavoro, sudore, fatica. Meno tempo e meno energie per pensare. Grande rispetto per se stessi e per gli altri, per il proprio sentire e per quello altrui. La capacità di accettare il destino, qualunque esso sia, e la consapevolezza che i cambiamenti vengono dal “fare”, solo da lì. Non so se questo sia giusto o sbagliato, non esprimo giudizi, ma con questo sono cresciuto, di questo sono fatto. Da qui l’urgenza, la necessità di dare forma. Quella di föch è una famiglia che lotta. Contro il freddo, la fame, la morte. E “quando la lotta per la sopravvivenza sembra l’unico punto di vista accettabile, tutto è comico” (Elémire Zolla). Fame, freddo e lavoro. Pance vuote che urlano polenta, facce tagliate dal vento e segnate dal sudore, mani gonfie di zappa, badile e falce. Con l’energia che fa di tutto questo non annichilimento, autocommiserazione, ma forza esplosiva e convulsiva, puro istinto di sopravvivenza. La vita non la si guarda, né la si commenta e analizza, non la si vive semplicemente e serenamente, noi la si mangia, la si sbrana. Sennò è lei a ingoiarci. Senza appelli.